La vedi lì, seduta su quella sedia a scrutare ogni particolare, ogni giocata, ogni palleggio. La cazziata giusta, quando ci vuole, non la risparmia a nessuno. La vedi sulla linea laterale del campo, in partita, con i piedi fuori e le spalle dentro, come se in quel campo volesse starci lei. L’abbiamo vista in quel di Marino, un fiume in piena, incoraggiare, urlare, discutere con il segnapunti, entrare in campo per disporre di persona i giocatori, rischiare una pallonata, scusarsi, uscire dal campo, ricominciare ad urlare. La vedi arrivare il venerdì, con l’andatura stanca, il cappotto che la avvolge intera, sommersa dal peso dei palloni che porta sempre con se, palloni che nella sua vita ha rincorso, accarezzato, schiaffeggiato. Palloni che le hanno fatto male, l’ hanno fatta emozionare e sentire grande. L’esperienza di un allenatore passa anche da quanta polvere ha mangiato, quanti bocconi amari ha digerito e poi le vittorie, le soddisfazioni, la squadra.
Parte da casa presto, la sera, per poter raggiungere entro le 20:00 la piccola palestra di Via Torre Spaccata. Abbandona la sua splendida cornice dei Castelli, per immergersi nel traffico di Roma e arrivare dai suoi ragazzi che l’aspettano per l’allenamento. Sale a fatica le scale, ti saluta, ti sfotte…poi ti sorride e dice: “Siamo pronti?”. Si siede su quella vecchia sedia, qualcuno inizia a palleggiare, lei con l’aria scocciata non guarda, compila il suo registro e intanto chiacchera con qualcuno, a volte sbaglia e corregge a suo modo. Quando si accorge che è tardi, fischia e invita i suoi ragazzi al riscaldamento, quasi tutti eseguono senza problemi, qualcuno sbuffa, lei lo guarda, gli sorride e lo fulmina col suo sguardo da chi ne sa più di te. Passa lentamente a osservare ogni esercizio, coppia per coppia; a volte guarda e non dice niente, su altri si sofferma di più, spiega l’errore, fa rifare l’esercizio, poi si arrabbia, si sgola, ti toglie la palla dalle mani, poi ti sorride di nuovo. In partita si atteggia facendo l’arbitro, sembra non vedere l’ora che qualche giocatore faccia fallo per fischiare, con la faccia che ostenta sicurezza e furbizia e indicare col braccio, lentamente, a chi ha deciso di tributare il punto. Fischia la fine dell’allenamento, un triplice fischio, debole, un soffio appena, che lascia l’acquolina in bocca ai giocatori e che richiama l’attenzione su se stessa che dà le disposizioni per l’allenamento successivo. Manda tutti negli spogliatoi, lei mette a posto i palloni, spegne le luci, aspetta finchè l’ultimo suo ragazzo non sia uscito, come sempre ti sorride e ti dà la buonanotte.
Ha grinta, Simona, ha tenacia. Il luogo in cui è nata sembra averle trasmesso tutto questo. I Castelli romani, con la grande storia, la tradizione, la passionalità e la spontaneità della sua gente, le hanno dato un marchio indelebile. Conosciamola meglio…
Simona cominciamo dalla domanda che un po’ tutti ci facciamo…come hai iniziato?
Ho fatto diversi sport soprattutto perchè seguivo quello che faceva mia sorella maggiore. Lei ginnastica, io ginnastica (capriole fatte di fronte….) lei danza, io danza (leggerezza di una libellula) alla fine lei pallavolo io pallavolo. Li ho trovato pace (ride, ndr) mi piaceva l’idea di giocare in una squadra, mi piaceva l’idea di combattere per il posto in squadra e soprattutto mi riusciva bene.
Chi è stato il tuo maestro che ti ha insegnato di più dal punto di vista umano e sportivo?
Mariano (allenatore Santa Maria delle Mole). Ho iniziato con lui e da allora le nostre strade continuano ad intersecarsi. Abbiamo la stessa idea di sport, di lealtà, di condivisione. E la pallavolo per noi è questo.
Poi come è proseguita la tua carriera da pallavolista?
Inizio a giocare ad 8 anni. Superminivolley, tutte le under fino alla prima divisione. Vittorie importanti il campionato regionale U18. Ruoli: universale, centrale e definitivamente palleggiatrice. Ho lasciato per un paio di anni. Adesso sono quasi 15 anni che alleno: amatoriali maschili, femminili, miste, U18, U14, terze divisioni maschili e femminili, seconde div maschili e femminili, secondo allenatore in serie C maschile.
Il momento sportivo più bello che hai vissuto?
La vittoria lo scorso anno della terza divisione con il passaggio in seconda. Striscione per me tra il pubblico, tifo da stadio, abbracci a non finire.
C’è stato un momento in cui non volevi più saperne della pallavolo?
Quest’ anno. Ero delusa.
Qual è il tuo sogno sportivo?
Non importa che sport fai ma se alla base dai fiducia a chi ti allena, ti comporti bene rispettando te stesso, i tuoi compagni, il mister e gli avversari, allora hai capito che significa scendere in campo e io vorrei essere una di quelle persone che te lo hanno insegnato.
E il tuo sogno nella vita?
Una famiglia mia, serena.
Che caratteristiche hanno le tue squadre?
Io scelgo chi allenare a pelle. Mi viene proposto un progetto, mi piace prendo, non mi piace mollo. Mi piace trovare grinta, altruismo, voglia di spingersi oltre i limiti ma nello stesso tempo voglia di imparare da parte dei giocatori e non la presunzione che domina spesso questo mondo.
Hai allenato giocatori che avevano le potenzialità per sfondare e non sono riusciti a farlo?
Ogni giocatore ha le sue potenzialità. Io non alleno persone che possono aspirare alla serie A per cui se per puntare in alto intendi serie A, no. Ma ho allenato atleti che per colpa soprattutto del carattere e della testa, nonchè di società sportive alle spalle guidate da persone con poca propensione al futuro, non sono andati oltre a quello che poco si sforzavano di fare nonostante avessero tutte le carte in regola.
Che ti aspetti dal nostro gruppo, anche in prospettiva campionato?
Mi aspetto umanamente che i nostri rapporti personali siano ancora questi, un gruppo coeso che innanzitutto si rispetta dentro e fuori dalla palestra. Per il campionato, non so che squadre affronteremo ma mi aspetto grandi cose. Almeno metá classifica per cominciare… Ovvio ogni allenatore vuole vincere per cui in cuor mio…
C’è un giocatore, nella nostra squadra, che ti ha colpito per una sua particolarità per esempio tecnica, carisma, impegno, coraggio?
Tecnica dico Angela, carisma Alberto, tenacia Andrea, impegno Antonella, coraggio Anna, senso di responsabilità Roberto. Voglia di superare i limiti…Silvia.
Chi credi abbia delle potenzialità per far bene in questo campionato?
A parte quelli che già hanno giocato per anni per cui il loro lo fanno, dico Andrea.
Secondo la tua filosofia, cosa bisogna fare, all’interno della squadra, per creare un gruppo affiatato?
Più cene fuori?? No dai scherzo… Penso che l’affiatamento verrá da solo con l’inizio del campionato. La partita, la trasferta in macchina tutti insieme, i commenti post gara… Sicuramente creeranno un gruppo ancora più coeso.
Dimmi la canzone che al momento si identifica più con la tua vita…
Titanium- David Guetta feat. Sia.
Infine un messaggio alla nostra squadra…
La pallavolo è uno degli sport più belli e sani del mondo. Ancora deve arrivare qui da noi il marciume che regna in altre discipline. Contribuite anche voi per fare in modo che ciò non avvenga mai, ovviamente nel vostro piccolo.
Grazie Simona. Buon campionato!
Alberto Rizzo